Le VPN sono necessarie per i lavoratori moderni?

Are VPNs Necessary

Lavorare da remoto in sicurezza

 

La sicurezza non è negoziabile quando si lavora da casa. È un dato di fatto che un dipendente, se accede ad internet dall’esterno dell’ufficio, deve utilizzare una connessione protetta, non solo per proteggere sé stesso, ma anche per mantenere la propria azienda al sicuro da danni finanziari e dalle conseguenze pubbliche negative degli attacchi informatici.

Spesso, la risposta alla domanda di come ottenere una connessione sicura è la VPN. Sulla carta, sembra abbastanza affidabile: il reparto IT stabilisce la connessione, i dipendenti si collegano ad essa e, voilà, tutti sono al sicuro.

Tuttavia, questa panoramica non considera i problemi di una VPN. Piuttosto che mantenere i lavoratori remoti al sicuro, le VPN tendono a dare alle aziende solo l’illusione di una totale sicurezza, rendendo di conseguenza meno sicura la forza lavoro distribuita.

 

Sono tutti sempre connessi?

Un problema importante di questa configurazione è che una VPN, per funzionare, richiede che i dipendenti rispettino totalmente le direttive: la connessione sarà sicura solo se i lavoratori si connetteranno effettivamente alla rete. Senza quella connessione, nulla proteggerà le loro comunicazioni dagli hacker.

Sebbene le aziende ricordino ai dipendenti di non dimenticare mai di utilizzare una VPN quando lavorano da casa, ci sono ancora casi in cui la politica aziendale non si traduce in azione. Supponiamo, ad esempio, che un dipendente si svegli tardi e si dimentichi di connettersi alla VPN mentre si affretta ad accedere. Oppure, supponiamo che debba effettuare una rapida chiamata VoIP a un collega fuori orario e non abbia voglia di connettersi ancora una volta alla VPN.

Le conseguenze di questi errori possono essere gravi. E il problema è che sono semplici errori umani, perciò molto facili da commettere quando si utilizzano VPN.

 

Non così al passo con i tempi

Un altro problema delle VPN è la larghezza di banda. Poiché le VPN creano una rete privata all’interno di una connessione Internet esistente e crittografano tutti i file distribuiti su di essa, l’utilizzo dei dati su una VPN aumenta dal 10 al 15%. E per quei dipendenti che a casa hanno una connessione Internet scadente, un aumento del genere può essere disastroso. Sebbene ci siano modi per aumentare la velocità di trasmissione in casa, in sostanza questi metodi non fanno poi la differenza.

Quindi, se un download procede lentamente o se la qualità di una videochiamata è bassa, è molto probabile che un dipendente che lavora in smart working disconnetta la VPN per compensare (eh già, anche se gli standard di sicurezza dell’azienda non lo consentirebbero).

 

Protezione “tutto o niente”

Supponiamo che tutti i dipendenti che lavorano da remoto utilizzino la VPN secondo gli standard. Ciò renderebbe questa modalità di lavoro totalmente sicura?

Non proprio. Ricorda: non importa quanto sia sicura la tua connessione di rete privata, una VPN è solo una protezione contro hacker e agenti dannosi. Una volta violata, gli hacker hanno la libertà di intercettare le comunicazioni, come se facessero parte del team. Questa forma di sicurezza è “tutto o niente”, senza garanzie reali oltre all’accesso alla connessione iniziale.

Di conseguenza, ottenere le credenziali di accesso per le VPN è una vera miniera d’oro per gli hacker, poiché è un biglietto diretto per tutte le comunicazioni della tua azienda. Ironia della sorte: l’utilizzo di una VPN offre agli autori di attacchi informatici un modo molto semplice per attaccare una connessione aziendale.

 

Ti fidi del tuo provider?

È tutt’altro che impossibile per gli hacker ottenere le credenziali di accesso VPN. Tutto ciò che devono fare è ricorrere direttamente alla fonte: il provider VPN.

In una VPN, il provider di rete detiene tutte le credenziali per l’accesso alla rete. Purtroppo, questo non è sempre indice di una maggiore sicurezza, considerando che la maggior parte delle aziende ha subito una violazione dei dati di terze parti nel 2018. (Considera che anche il principale provider VPN, NordVPN ,ha subito una notevole violazione dei dati.)

Ancora una volta, una configurazione VPN offre alle aziende un solo livello di protezione contro gli hacker, e questo significa che il provider è effettivamente l’unica fortezza che protegge l’intera rete. Se questo ti allarma, vale la pena considerare altre opzioni.

 

Alla ricerca di alternative

Quindi, quali sono queste altre opzioni?

Piuttosto che instradare tutte le comunicazioni aziendali attraverso un server sicuro appositamente realizzato, è più sicuro e più conveniente applicare gli standard di sicurezza su tutte le comunicazioni all’inizio, quando vengono inviate. Questo vuol dire includere metodi di sicurezza come la crittografia, la creazione di canali privati ​​end-to-end e altre protezioni integrate direttamente nella piattaforma di comunicazione dell’azienda. Questo approccio “secure-by-design” è spiegato più nei dettagli qui.

Ancora una volta, poiché lo smart working è diventato la normalità per le aziende, è più importante che mai comprendere appieno tutte le implicazioni delle metodologie di sicurezza utilizzate dalla tua azienda e, nel caso delle VPN, perché è saggio cercare alternative.

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Diventare più ecologici e lavorare in modo più intelligente

Going Greener and Working Smarter

Cosa può fare lo smart working per il nostro pianeta

Uno dei vecchi modi di pensare al business che ci perseguita ancora oggi è la questione di come dovremmo interagire con l’ambiente durante la gestione di un’azienda. In passato, gli uomini d’affari lo consideravano un dilemma, credevamo di dover fare una scelta tra fare soldi o rispettare il pianeta.

Ebbene, che fosse vero o no prima, dobbiamo capire che non è affatto vero ora. E il motivo è semplice: ora è più facile che mai passare a un modello di business rispettoso dell’ambiente, tutto grazie allo smart working.

La questione si riduce ai viaggi, una delle principali cause dell’inquinamento. Con lo smart working, i dipendenti non devono più recarsi in ufficio, il che significa che la produzione di CO2 verrà ridotta in modo significativo. Indipendentemente dalle dimensioni della tua azienda, questo avrà un impatto significativo nel tempo: anche un solo dipendente che riduce i tempi di percorrenza da casa al lavoro finirà per emettere molta meno CO2 nel corso di un anno.

Ovviamente questo non è l’unico modo per ridurre l’impatto ambientale del viaggiare. Né è l’unico modo in cui lo smart working può contribuire ad un’azienda più green. Questo perché lavorare da remoto elimina la necessità dei viaggi di lavoro, così i tuoi dipendenti non devono più viaggiare in aereo per lavoro.

Ancora una volta, l’impatto può inizialmente sembrare minimo. Ma bisogna considerare che il 12 % di tutti i viaggi in aereo avviene per motivi di lavoro. Se riduciamo o addirittura eliminiamo questa necessità, l’impatto ambientale sarà significativo.

Queste idee non sono solo teoria. Da questo grafico, possiamo facilmente vedere cosa è successo in soli tre mesi, quando il pendolarismo nelle città è stato notevolmente ridotto durante il periodo di quarantena.

I risultati sono molto convincenti: abbiamo visto molto meno inquinamento atmosferico e molto meno smog nelle città. Tutto in soli tre mesi!

E per quanto tutto questo sia fantastico per il nostro pianeta, ricorda che meno viaggi non faranno bene solo al pianeta: in realtà, aiuteranno anche i tuoi dipendenti! (Riesci a mostrarmi molte persone che amano rimanere bloccate nel traffico un’ora ogni mattina e ogni sera della settimana lavorativa?) Quindi ecco come la tua azienda otterrà una maggiore produttività e ridurrà i costi, portando le riunioni in un ambiente virtuale.

Il punto di tutto questo è che la scelta non è più tra inquinare il pianeta o fare soldi. Ora è possibile fare entrambe le cose subito. E dato che iniziare è così facile, dovresti chiederti: cosa aspetti? Adesso è il momento perfetto per fare la differenza, sia per te che per la tua azienda.

Lo smart working al cinema: una storia di continuità

Smart Work at the Movies: A Continuity Story
Smart Work at the Movies: A Continuity Story

Come un lavoratore da remoto ha mantenuto in vita un film iconico (e cosa significa per la tua azienda)

Come molti altri millennial, sono cresciuto in gran parte con i primi due film di Toy Story. I motivi per cui questi film mi hanno attratto sono senza dubbio ovvi per chiunque li abbia visti: i personaggi, l’umorismo e le avventure emotivamente significative si collegavano alla mia immaginazione da bambino come pochi altri film.

Ora, da adulto, ciò che trovo particolarmente sorprendente di Toy Story e del suo sequel del 1999 è la lungimiranza dal punto di vista tecnologico. Sono stati, ovviamente, alcuni dei primi film ad essere realizzati interamente con immagini generate al computer, il che non solo ha influenzato il loro aspetto, ma ha anche reso la loro produzione ancora più legata alla tecnologia rispetto a qualsiasi altro film.

Eppure, per quanto rivoluzionario sia stato, c’è un altro aspetto meno noto della Pixar che l’ha resa un pioniere a Hollywood: che ci crediate o no, sono stati anche i primi ad adottare lo smart working.

Cosa ancora più incredibile, l’adozione di questa politica ha salvato uno dei film più importanti dello studio (e uno dei miei preferiti d’infanzia): Toy Story 2.

L’aiuto della configurazione domestica

Nonostante la raffinatezza della versione finale, la produzione di Toy Story 2 è stata piena di insidie, afflitta fin dall’inizio da molti problemi, come la lotta con talenti non affermati e le scadenze rigorose imposte dal finanziatore, la Disney.

Ma, ironia della sorte, il problema più grande è stato creato dalla tecnologia utilizzata per la realizzazione del film.

Durante la produzione, un dipendente ha accidentalmente inserito il comando “rm*” nei server Pixar e, a sua insaputa, quel comando di tre caratteri ha iniziato a cancellare ogni byte di dati contenente il film girato fino a quel punto.

Lo staff della Pixar ha immediatamente notato il problema. Infatti, mentre lavoravano al film, le risorse hanno iniziato a scomparire e interi modelli di personaggi semplicemente svanivano dai monitor.

Come ci si potrebbe aspettare da un’azienda tecnologica multimilionaria, la Pixar aveva un server di backup per rimediare a un tale disastro. Il team ha quindi utilizzato tali sistemi di backup per ripristinare i file che erano andati persi.

L’unico problema? Si è scoperto che quel server di backup non funzionava correttamente da mesi. Vale a dire che conteneva zero file utilizzabili.

Definire “terribile” la situazione della Pixar sarebbe un eufemismo. In appena poche ore, lo studio aveva cancellato due anni interi di lavoro, e non era in grado di rispettare la scadenza dell’uscita del film, fissata dalla Disney a solo un anno di distanza. Non solo la Pixar aveva sconvolto la sua società di finanziamento, ma aveva anche fatto una figura terribile con il pubblico, desideroso di vedere il seguito dell’acclamato film Toy Story. Ogni speranza sembrava persa.

Questo finché lo studio non si è ricordato che, per tutto quel tempo, il direttore tecnico supervisore del progetto aveva trascorso parte della produzione lavorando da casa.

Esatto: per mesi, la regista in questione, Galyn Susman, aveva lavorato al film dal suo computer, per poter prendersi cura del suo bambino appena nato mentre era al lavoro. Perciò le uniche copie dei file di Toy Story 2 erano state salvate sul PC di casa sua.

Rendendosi conto di ciò, Susman e il direttore tecnico associato, Oren Jacob, hanno immediatamente cercato di recuperare il PC in questione. Appena arrivati alla casa di Susman, hanno avvolto il pc con delle coperte, lo hanno riposto sul sedile posteriore con la cura che si avrebbe nell’allacciare le cinture ad un bambino per fargli fare un giro sullo Space Mountain, poi si sono diretti verso gli studi con le luci di emergenza lampeggianti per tutti i 20 minuti del viaggio.

Alla fine, il team della Pixar ha collegato il computer al server principale e da lì ha recuperato la maggior parte dei filmati di Toy Story 2. Grazie al lavoro da remoto, quella che sembrava una catastrofe si è trasformata in un piccolo intoppo.

Il resto della storia è la parte che probabilmente tutti già conoscono: Toy Story 2 ha riscosso un notevole successo commerciale ed è stato acclamato dalla critica, consolidando la fama dell’allora neonata Pixar come uno dei produttori di film d’animazione più innovativi e di alta qualità del mondo (rivaleggiando anche con la società madre, Disney).

Applicazioni più ampie

Io amo questa storia e probabilmente è già chiaro che vuole essere anche una lezione. E questa lezione è piuttosto semplice: essere un passo avanti con pratiche come lo smart working può apportare alle aziende benefici importanti (e persino inaspettati).

Sì, lo smart working apporta molti vantaggi immediati, come il buon umore dei dipendenti e la riduzione delle spese aziendali. Sì, questi vantaggi sono significativi e vale la pena sfruttarli. Ma la storia della Pixar mostra che questo valore è una piccola parte dell’elevato potenziale dello smart working.

Per la Pixar, il vantaggio nascosto dello smart working è stato, in una sola parola, la continuità: la garanzia che il lavoro svolto non andasse perduto a causa di imprevisti. A dire il vero, questo vantaggio non si applica all’ambiente di lavoro moderno allo stesso modo: ormai abbiamo il cloud e i backup automatici sono più standardizzati e più affidabili. Eppure il principio generale è ancora valido. Con un impiegato che lavorava da casa, lo studio è riuscito ad evitare le terribili conseguenze di un incidente accaduto in ufficio.

Per un’applicazione più ampia, immaginate che un incidente di questa portata si verifichi nella vostra azienda. Supponiamo che invece di un dipendente che cancella i vostri file, il disastro sia un’alluvione che frigge l’interruttore del circuito del vostro ufficio o un’infestazione di termiti che distrugge ogni cosa. Sebbene disastri di questo tipo siano dannosi, se i vostri dipendenti hanno la possibilità di lavorare da casa, tutto può comunque continuare normalmente. Meglio ancora, se (come nel caso della Pixar) i dipendenti sono già a casa, i progetti continueranno senza interruzioni di alcun tipo. In effetti, questo è quello che è successo quando Wildix ha affrontato gli obblighi di quarantena, poiché la tecnologia disponibile internamente ha permesso ai nostri team di spostarsi a casa, senza tempi di inattività o perdita di produttività.

In realtà, ciò che questa storia vuole insegnare è che, per la Pixar, avere un dipendente a casa non si è tradotto unicamente in un risparmio sui costi o nel buon umore dei dipendenti, ma ha di fatto salvato gli affari.

Quindi, quando pensate allo smart working, considerate che il limite del suo valore dipende da quanto lo sfruttate. Nel giusto contesto e con il team giusto, i suoi benefici possono estendersi all’infinito (e, sì, anche oltre).

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