La storia di Wildix 3: Il carrozziere e le scatole blu

dettaglio-1-carrozziere-Wildix
Illustrazioni: Laura Piaz

Tanta volontà, tanto studio, tanta applicazione: Dimitri e Stefano progettano il loro centralino.

Elaborano il progetto Asterisk, lo dissezionano, lo “manomettono”, come si fa con i motorini, ma il rischio di fondere il motore era sempre in agguato.

Non passa molto tempo e i fratelli Osler si accorgono che quei sistemi erano instabili e da quelle premesse tecnologiche, non sarebbero andati molto lontani.

Sì, i telefoni li facevano funzionare, ma qualsiasi operazione più complessa comprometteva tutto il sistema.

(Solo per i più esperti: si trattavano di sistemi Asterisk installati su Server Linux. I problemi erano molti, si riempiva il disco, arrivava un virus, un hacker, neanche troppo esperto, bucava il sistema)

Così, come in cucina per riuscire a fare la torta perfetta, a un certo punto si devono stracciare tutte le ricette e procedere a gradi, per imparare a farla, i fratelli Osler decidono che avrebbero sviluppato un “motore” tutto nuovo, fatto tutto da loro, per il loro centralino, abbandonando definitivamente Asterisk.

(Solo per i più esperti: Iniziano a lavorare su CallWeaver, che è un progetto di un ex sviluppatore software di Siemens che lavorava nella Silicon Valley come ricercatore e aveva aggiunto ad Asterisk lo stack SS7, per poter comunicare con una centrale telefonica pubblica. Ma Asterisk era così instabile che non riusciva a fare da centrale pubblica e quindi, assieme ad un ricercatore di Texas Instruments, ha creato un fork di Asterisk, chiamandolo CallWeaver. Stefano e Dimitri sono entrati in contatto con i due. Inizia una stretta collaborazione sul progetto. Dalle basi di questo sviluppo si baserà l’architettura delle centrali Wildix.)

Vanno alla ricerca di un microprocessore che faccia da mini-server e vogliono mettere le schede per l’interfacciamento telefonico direttamente nel sistema, cosa che non esisteva ancora sul mercato.

(in parole povere, volevano poter gestire tutti i telefoni di tutti gli uffici di un’azienda, direttamente dal centralino, senza dover andare di scrivania in scrivania per configurarli per ogni utente).

Ma sorge subito un problema.

L’architetto può anche disegnare un Auditorium all’interno di una sfera di cristallo sospeso su una piscina di mercurio liquido… ma poi deve trovare il team di ingegneri che lo realizzino, nella realtà.

storia Wildix 3
Illustrazioni: Laura Piaz

Il problema è: dove metterle, queste schede? Ci serve uno chassis.

A Stefano viene subito un’idea: “chiediamo al geometra che lavora per StarSystem, che conosce anche il disegno 3D!”.

Il progetto è complesso ma possibile: Chiedere al geometra di progettare la “scatola” in cui inserire tutta quella “roba”, farsi ritagliare e modellare il metallo da un loro cliente, che si occupava proprio di lavorazione di lamiere, e il carrozziere Zanei, il carrozziere di fiducia, le avrebbe verniciate nel forno.

Se l’avessero convinto.

Il Trentino Alto Adige è una regione meravigliosa, con paesaggi mozzafiato, puntellati da vette dolomitiche Patrimonio UNESCO dell’Umanità, ma è rinomato anche per un’altra cosa: la ruvidità dei suoi abitanti.

E più ci si addentra nelle valli, più questa ruvidità aumenta a dismisura.

“No, no, non è possibile… non posso tenere il forno impegnato per delle ‘scatole’, e poi su quella lamiera non si attacca il colore!”

Il carrozziere Zanei non accoglie con sorriso ed entusiasmo la richiesta di Stefano e Dimitri. Lui conosceva solo la carrozzeria delle auto, qualsiasi uso improprio del suo forno era da considerarsi un’eresia.

Eppure dopo un lungo “corteggiamento” (visto che i soldi a disposizione non erano così tanti da costituire un buon incentivo) Zanei acconsente e i primi 60 centralini vengono disegnati, ritagliati, verniciati, assemblati e installati.

E, una volta fatto il primo, si appassiona così tanto che colorerà centralini per altri 3 anni.

La favola è cominciata. Ma più che una favola si dimostra subito una storia epica, con tanto di scontro tra titani.

Il prodotto, infatti, non è stabile, ha bisogno di tanto lavoro sia sul lato dell’Hardware (componenti meccaniche ed elettroniche della ‘scatola’) che sul lato Software, quindi tanta, tanta programmazione.

Nel primo anno vendono 100 centralini.

Ognuno con dei problemi e l’unico tecnico capace di metterci mano è Dimitri: il suo tempo è completamente saturato nel risolvere i problemi dei primi clienti e il progetto non può crescere, non può maturare.

E’ questo il grande problema di chi, nel mondo delle telecomunicazioni (e dell’informatica, in generale), parte da un progetto “open” e si occupa di singole installazioni.

Se ne realizzi una, va bene ma la devi seguire per bene nel tempo, la seconda anche ce la fai, la terza la lasci in attesa un po’ di più perché stai ancora seguendo la prima e la seconda. Arrivato a 100 il tecnico è sempre occupato a mantenere i sistemi funzionanti e a fare le modifiche di configurazione richieste dai clienti. Aggiungere solo tecnici per risolvere i problemi dei clienti non è una buona strategia.

La soluzione a questo problema è sviluppare meglio il  prodotto prima di installarlo, per evitare che abbia problemi, così da alleggerire il supporto tecnico e portare la vendita del prodotto su scala molto più ampia, magari anche all’estero.

Questa è l’idea di Dimitri e Stefano. Certo, per realizzarla ci vogliono tanti soldi, che naturalmente non hanno. Ma intuizione e un pizzico di fortuna arrivano in soccorso.

Curiosità: All’inizio il centralino era nero, colore elegante e con meno varianti di tonalità, quindi più facile da riprodurre.

Nel 2006, i fratelli Osler decidono di usare il colore blu, colore che simula pace e sicurezza, è il colore della tecnologia, delle divise dei poliziotti, del sangue reale, della musica melanconica.

Trovato il colore bisognava trovare il nome.

Continua…

Social Sharing

Lascia un commento